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Chi tonna non piglia pesci

Il re delle conserve ittiche fra gusto e versatilità

L’articolo presenta immagini e descrizioni che potrebbero urtare la sensibilità di alcuni lettori.

Inutile negarlo: il mercato delle conserve ittiche è dominato da un prodotto che, più di ogni altro, è stato capace di entrare nelle cucine di tutto il mondo in modo trasversale, dai piatti stellati a quelli che richiedono preparazioni semplici e immediate. Parliamo, ovviamente del tonno.

Per dare un’idea della diffusione di questo prodotto sulle tavole di tutti – davvero tutti – i consumatori, diamo alcuni numeri: secondo Doxa (report 2021) il 99% degli italiani mangia tonno, addirittura uno su tre lo consuma circa due o tre volte a settimana. Il consumo pro capite di tonno ammonta a circa 2.67 kg/anno (Ancit, su basi Istat). Quasi nessuna altra tipologia di conserva ittica ha una diffusione così capillare come il tonno. Lo mangiano tutti, in ogni fascia d’età, in ogni categoria socio-demo.

In questo articolo facciamo un tuffo nel mondo del tonno, fra tradizioni antichissime, diversità di specie e anche trend di consumo che potrebbero ridimensionare l’intero mercato delle conserve ittiche e, per primo, proprio il suo re.

Provenienza, varietà e specificità del tonno

Il primo punto da sottolineare è che questa specie ha, fra le sue caratteristiche principali, la tendenza alla migrazione. Proprio questa sua preferenza verso lo spostamento perenne lo rende abitante di quasi tutti i mari del mondo: lo si trova sulle coste del continente americano ma anche su quelle siciliane, dove ogni anno nel mese di maggio avveniva in passato la tradizionale mattanza, di ispirazione araba, e guidata dal Raìs – una tradizione che ora non esiste più per diverse ragioni, come vedremo dopo. Le aree di pesca principali, le più famose, sono l’Oceano Atlantico, il Mediterraneo, il Pacifico e l’Oceano Indiano.

Ovviamente ogni tonno, sulla base delle zone di provenienza, di migrazione, di alimentazione e di dimensione, ha caratteristiche differenti: dal tonno rosso (Thunnus thynnus), detto anche Bluefin, al tonno pinne gialle (Thunnus albacares), fino ad arrivare al Bonito del Norte (Thunnus alalunga), e al tonnetto striato (Katsuwonus pelamis), il più usato per le conserve. Oltre alle differenze di taglia e di numero di esemplari, anche il sapore e la consistenza della carne sono caratteristiche distintive di ognuna di queste varietà.

Probabilmente sono proprio queste le caratteristiche che hanno reso il tonno il re delle conserve ittiche (commercialmente parlando): oltre alla sua capacità di conservazione, il tonno è un pesce che si trova un po’ ovunque nel mondo e, cosa da non sottovalutare, conta un numero piuttosto alto di varietà, riuscendo quindi a essere un alimento consumato da ogni tipo di target socio-demo, da quello meno elevato a quello alto-spendente.

In più, il tonno vanta tradizioni antichissime di pesca, procedimenti così complessi da meritare più che l’appellativo di attività di pesca quello di vero e proprio rito. Noi, qui, ne raccontiamo forse quello più suggestivo.

La mattanza siciliana: la pesca del tonno a Favignana

Si tratta, come già detto, di un metodo di pesca di ispirazione araba.

In primis, il luogo non è casuale: tradizionalmente la mattanza più famosa avveniva a Favignana, in Sicilia, proprio dove le acque dell’oceano che trasportano i tonni confluiscono nel nostro mare portando i pesci sulle coste italiane per la riproduzione.

È qui che venivano costruite le tonnare, vere e proprie strutture fatte di reti, stanze piene di corridoi pensati per incanalare i tonni e intrappolarli. Le reti venivano calate in acqua dalle barche dei pescatori presenti nella tonnara (chiamati, appunto, tonnaroti).

Favignana contava, fino a poco tempo fa, di più di 70 tonnaroti – solo per farvi comprendere la diffusione e l’importanza culturale del rito-mattanza.

Quando tutto era predisposto, al centro della tonnara arrivava il Raìs (nome che deriva dall’arabo e non a caso significa “capo” o “comandante”). Era lui a dare il via alla mattanza, intonando un canto che i tonnaroti seguivano, chiamato Cialoma perché indicava l’invocazione ai Santi per la buona pesca: è sulle note di quel canto che i pescatori sollevavano le reti nelle quali sono entrati i tonni. Una volta in superficie, i tonnaroti arpionavano gli enormi esemplari e li portavano sulla barca, dove si concludeva la cattura, lasciando il mare colorato di un rosso intenso, non a caso.

Per la sua complessità – e in parte anche crudeltà – questo rito secolare oggi non viene più praticato: i costi economici di gestione sono elevatissimi, così come i problemi a livello ambientale e di rispetto verso le specie animali. L’ultima mattanza dei tonni si è tenuta nel 2007 e anche l’ultimo Raìs, Gioacchino Cataldi, non c’è più, scomparso nel luglio del 2018, ultimo erede di una tradizione che si perde nella notte dei tempi.

Pesca, lavorazione e conservazione del tonno

Pesca del tonno

Ovviamente quello di Favignana è solo un esempio, il più noto, di pesca-rituale. Non tutte le metodologie di pesca del tonno sono così complesse, a livello organizzativo e culturale. La pesca del tonno, oggi, avviene comunemente con metodi e lavorazioni molto diverse e, per quanto possibile, meno dispendiose.

Il tonno è uno dei pesci più grandi del mare, in media, per questo la sua pesca non può avvenire in modo classico ma con metodi specifici in grado di imbrigliare l’animale e permettere ai pescatori di tirarlo su nonostante le tonnellate di peso.

Il metodo di pesca più praticato in assoluto nel mondo è il Purse Seiner che prevede il lancio di una sorta di rete a sacco dal peschereccio al mare: una volta che i tonni abboccano, vengono sollevati e portati a bordo (qualcosa di molto simile a ciò che abbiamo visto nel caso delle tonnare). In questo metodo, una volta a bordo il tonno viene immediatamente refrigerato e congelato rispettando gli standard di sicurezza. Si stima che nel mondo più del 60% dei tonni venga pescato con questo metodo.

Il Purse Seiner non è l’unico metodo, ne esistono anche altri come il Long Liner – metodo che prevede l’uso di cavi lunghissimi agganciati a boe su cui sono fissati gli ami e le esche – e il metodo Pole and Line, che sfrutta invece esche vive e genera dei vortici in grado prima di attirare e poi di intrappolare i tonni.

Insomma: pescare il tonno è complesso, in particolare per via della propria dimensione ma non solo per questo.

Dopo la pesca, si passa subito alla lavorazione.

Lavorazione del tonno

La lavorazione del tonno è un sistema complesso che ha lo straordinario pregio di unire artigianalità e industrializzazione moderna. In un certo senso si può dire che il metodo di lavorazione tradizionale si è affinato, è migliorato e si è industrializzato, ma conserva spesso gli stessi principi della lavorazione più antica.

Una volta pescato con uno dei metodi già visti, il tonno viene subito congelato per essere trasportato in sicurezza presso gli stabilimenti dove avverrà la vera e propria lavorazione. Qui il tonno viene controllato – per verificarne la qualità e lo stato di salute – selezionato, per ottenere eventuali certificazioni di qualità, e soprattutto catalogato in determinati lotti – attività importantissima al fine del tracciamento del singolo esemplare.

A questo punto il discorso merita una piccola digressione su uno dei prodotti che, anche in ragione della sua lavorazione, è un’eccellenza nel panorama di questo prodotto: il Tonno Azzorre, che proponiamo nella nostra versione Deluxe.

Il Tonno delle isole Azzorre, infatti, viene pescato a canna esclusivamente sulle rive del Portogallo e lavorato dal fresco. Significa che, oltre a essere una materia prima pregiatissima, il Tonno Azzorre viene lavorato direttamente sul luogo di pesca, senza affrontare la lavorazione standard che prevede prima il congelamento e poi la lavorazione. In questo modo è possibile evitare alterazioni del prodotto che invece possono presentarsi nella lavorazione classica, come cambiamenti nel colore o nel sapore della carne, essiccazione dei tessuti o simili.

È il motivo per cui il Tonno Azzorre è un prodotto di assoluta eccellenza, ricercatissimo in tutto il mondo, e noi siamo così felici di proporlo ai nostri clienti.

Tornano invece alla lavorazione standard – che in ogni caso, pur non essendo dal fresco come il Tonno Azzorre conserva intatte le caratteristiche della materia prima – una volta superata la fase dei controlli e della catalogazione, ha inizio la vera e propria fase di lavorazione, partendo dallo scongelamento e dal lavaggio con acqua.

Dopo questi step preliminari, il tonno viene finalmente cotto – di solito in forni a vapore che consentono di mantenere intatte le caratteristiche del pesce grazie a un monitoraggio costante della temperatura. A questo punto, si attende il raffreddamento del prodotto, necessario per procedere con le fasi successive, prima fra tutte la pulitura, l’attività che in passato veniva tradizionalmente affidata alle mani delle donne.

Da una parte in questa fase si procede con l’eliminazione di pelle, sottopelle, spine e altri materiali di scarto (che spesso vengono riutilizzati, ad esempio, per altre industrie come quella del pet food). Una volta eliminate queste parti, si procede effettuando il rifilo e la cernita della qualità.

Questo era il momento in cui tradizionalmente le parti più pregiate del tonno – ventresca, tarantello e altre – venivano riservate alle tavole dei consumatori più benestanti e separate da quelle destinate invece ai più poveri, in primis i pescatori, come la buzzonaglia di tonno. Ecco, oggi si sta pian piano recuperando la tradizione culinaria di alcune lavorazioni e prodotti antichi che stanno entrando nelle cucine più prestigiose e sulle tavole più ricercate del mondo.

Ma questa, quella della buzzonaglia, è una storia che meriterebbe un capitolo a parte…magari arriverà presto! Vi toccherà continuare a leggere il nostro blog!

Andando avanti, si procede poi con l’inscatolamento sulla base delle diverse finalità del prodotto e delle diverse lavorazioni.

Una volta inscatolato, il prodotto viene chiuso ermeticamente e sterilizzato, in modo da poter offrire al consumatore non solo un prodotto sicuro ma anche capace di mantenersi per diverso tempo, addirittura anni.

Tonno e trend di consumo delle conserve ittiche

Come per tutte le conserve ittiche, anche il consumo di tonno risente dell’aumento del costo della vita che sta cambiando alcune preferenze dei consumatori – anche se, c’è da dire, il tonno è probabilmente fra le conserve più conosciute e consumate da ogni tipo di target.

Secondo Simone Legnani, Presidente di ANCIT (Associazione nazionale conservieri ittici). “[…] solo per il tonno all’olio d’oliva i costi di produzione sono aumentati mediamente del 20-30%. Purtroppo, l’incremento di alcune materie prime, in particolare dell’olio, lascia presumere che la situazione si accentuerà ulteriormente”.

Il tonno più pregiato – come, ad esempio, quello Azzorre o il Rosso, entrambi presenti nella nostra Collezione speciale, che si trova qui – sembra non subire trend negativi, principalmente perché si tratta di prodotti estremamente pregiati e riferiti normalmente – ma non solo, questo è certo – a nicchie di consumatori alto-spendenti che risentono meno delle congiunture economiche sfavorevoli.

Nel settore delle conserve ittiche, c’è da sottolinearlo, l’aumento costante del costo delle materie prime non fa che abbattersi sul costo del prodotto finale, come in tutti i mercati. Infatti, se guardiamo i fatturati di settore, sembra che le tendenze d’acquisto da parte dei consumatori non siano cambiate ma di questo dobbiamo ringraziare – si fa per dire – l’inflazione.

Del problema legato all’olio d’oliva ha parlato anche l’Amministratore Delegato di Unifrigo Gadus, Andrea Eminente, in una speciale intervista sui trend del 2024. Ma, come dice lo stesso Eminente, “siamo partiti da un trend, possiamo dire, problematico di settore – il costo dell’olio d’oliva – e siamo arrivati a dare un servizio in più, un vantaggio, ai nostri clienti”: e nella sua intervista, sottolinea diverse soluzioni interessanti a favore dei consumatori.

Si tratta di soluzioni innovative che potrebbero da un lato contribuire a fare cultura di prodotto – e aumentare la consapevolezza dei consumatori rispetto a quantità e tipologia di pesci da scegliere durante la spesa – e dall’altro, questa è la speranza principale, invertire il trend inaugurato dai dati trasmessi nel 2023 (a valere sul 2022) che ha visto un incremento dei prezzi al consumo dell’11,6%.

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