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Conservare il mare – Episodio 2

Produzione e industrializzazione delle conserve in scatola

Mettetevi comodi perché stiamo per iniziare una traversata oceanica lungo i millenni.

Nella prima parte di questo viaggio che abbiamo chiamato “conservare il mare” abbiamo fatto alcuni accenni alle diverse tecniche che hanno dato vita al mercato delle conserve ittiche generalmente intese. In questo Episodio 2, invece, ci concentriamo sulle conserve in scatola, sulla loro lunga – lunghissima – storia e di quanto queste conserve siano state importanti per l’evoluzione dell’industria, non solo quella ittica.

Pronti? È ora di salpare.

Alle origini: storia delle conserve in scatola

L’arte della conservazione del pesce, l’abbiamo già detto, ha origine secoli e secoli fa, con pratiche e tecniche che andavano dall’essiccazione alla salatura (o salagione). Dovremo, però, attendere il XIX secolo per avere finalmente la possibilità di inscatolare tali conserve.

Nel 1809, infatti, il francese Nicolas Appert inventa la conservazione degli alimenti in appositi contenitori ermetici. All’inizio la sua invenzione lo portò a utilizzare il vetro – materiale che poi verrà effettivamente brevettato e industrializzato. Ma solo un anno dopo l’invenzione di Appert venne superata da un’innovazione da parte dell’inglese Peter Durand che brevettò, invece, la conservazione in lattine di stagno. Sarà proprio l’industria ittica a beneficiare maggiormente di questa novità.

Durante il XIX secolo l’industria delle conserve ittiche crebbe molto rapidamente, il cibo prediletto in questo senso, soprattutto in Francia e Gran Bretagna, furono le sardine. È da considerare anche che, per il loro metodo di conservazione, le conserve ittiche – in particolare quelle in scatola – erano uno dei cibi più utilizzati fra le forze armate durante le guerre e le battaglie di quel secolo e quelle che segnarono l’Europa fino alla metà del ‘900. È proprio in questi anni che la domanda di conserve di pesce in scatola crebbe notevolmente.

Ma facciamo un passo indietro, più tecnico: quali sono i metodi di preparazione delle conserve ittiche in scatola?

Tecniche di preparazione e conservazione

In primis il pesce deve essere preparato prima di essere sottoposto a dovuta conservazione. Preparato significa pulito, eviscerato, in alcuni casi precotto. Non è un passaggio da sottovalutare perché la preparazione influisce anche sulla conservazione del prodotto, sulla sua qualità e sulla sua “fruibilità”. Questo ci fa capire come il ruolo dei pescatori e dei preparatori, pur in un’economia fortemente industrializzata come la nostra, non è sostituibile né sottovalutabile.

Ma poi dopo la preparazione che succede?

Imballaggio

In questo caso la cosa più importante è la scelta del materiale (possiamo dire la scatola) è fondamentale perché scegliere l’alluminio o il tinplate dà un diverso sapore al pesce contenuto, influisce anche sulla durata e sull’integrità del prodotto.

Sterilizzazione e Sigillatura

La fase in cui vengono eliminati i batteri. Questa parte è fondamentale per determinare poi la distribuzione del prodotto e la sua durata. Dopo la sterilizzazione il prodotto viene sigillato ermeticamente per prevenire l’ingresso dell’aria e quindi l’ossidazione che potrebbe dar luogo alla crescita microbica.

Cottura

Sembra controintuitivo, ma in realtà è proprio così: la cottura, quando necessaria, avviene dopo la sigillatura. Perché? Semplice: garantisce una cottura uniforme e riduce fortemente il rischio di contaminazione!

Tecniche e trend di oggi

Oggi l’avanzamento tecnologico ci ha permesso di fare notevoli passi in avanti anche nella conservazione dei pesci in scatola. Dall’automatizzazione dei macchinari – che non sostituisce mai il lavoro umano, come abbiamo detto prima – alle nuove tecniche di congelamento rapido e all’uso di materiali più sostenibili per gli imballaggi.

Proprio la sostenibilità è uno dei trend più in voga – meno male! – negli ultimi tempi. La consapevolezza ambientale e sociale di oggi tocca anche l’industria perché inerisce alle scelte dei consumatori. E quindi arrivano gli imballaggi riciclabili, processi produttivi più veloci e con un minor consumo di energia, l’uso di energie rinnovabili nei processi. Attenzione, però, non basta dire di essere sostenibili. Bisogna esserlo davvero. Come rendersi conto che un’azienda è sostenibile? Nella maggior parte dei casi basta guardare l’etichetta, letteralmente. Ad esempio, è lì che troviamo la certificazione MSC (Marine Stewardship Council) che assicura che il pesce provenga da fonti sostenibili e non infici la biodiversità marina. E poi, bisogna stare attenti alle iniziative, alle partnership e ad altri piccoli alert che, disseminati qua e là danno il senso del modo di produrre dell’azienda.

Non bisogna mai dimenticarsi, poi, che l’espansione globale di oggi ha fatto aumentare di molto la competizione sul mercato. Anche questo ha contribuito alla creazione di un panorama normativo molto più complesso, sia in Italia che all’estero. Ecco perché molte aziende, per emergere, mettere in campo delle best practice di settore e avanzare in termini di innovazione e tecnologia, ha bisogno di consulenti e di network specializzati.

Insomma, ammettiamolo: quando si studiano i metodi di trattamento, preparazione e conservazione delle conserve ittiche si fa un tuffo capace di attraversare i secoli e anche, in qualche modo, di anticipare il futuro. La nostra industria è, infatti, in grado di intravedere già alcune innovazioni all’orizzonte, percepire le tendenze dei consumatori e comprendere, quindi, quale strada percorrere.

Quando guardate l’etichetta di una conserva ittica, d’ora in avanti, vi renderete conto che lì dietro ci sono storie, persone e secoli di innovazione. Per questo, in qualche modo, conserva in sé il mondo.

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