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Italia e Baccalà

Storia di un legame culinario unico

Ormai lo sappiamo: il baccalà – prodotto derivato dal merluzzo – non è un pesce tipico del Mediterraneo, proviene dalle gelide acque del nord. Eppure, questo prodotto ittico, ha avuto in Italia un successo strepitoso, fino a diventare uno degli alimenti tipici delle nostre tavole.

Ma non solo tradizione: soprattutto negli ultimi tempi è sempre più rivalutato come piatto saporito, sofisticato in alcune preparazioni, innovativo e ricercato.

In questo articolo esploriamo tutta la nostra penisola per vedere in che modo, come quando e perché il baccalà ha avuto più successo nel nostro Paese.

Storia e diffusione del baccalà in Italia

Tra i primissimi a fare uso della salagione troviamo senza dubbio i pescatori e balenieri baschi e portoghesi che, dovendo affrontare traversate in mare di diversi giorni, avevano l’esigenza di conservare intatto il merluzzo pescato. In altre zone del mediterraneo, come l’Italia, questa tecnica si sviluppa a partire dal XVI secolo, quando nel nostro Paese iniziano ad arrivare mercanti spagnoli e portoghesi ma il primo prodotto che in Italia viene conservato tramite salagione non è il merluzzo ma sono le alici, altro prodotto tipico del nostro Paese proprio per questo. Il baccalà, infatti, si diffonderà solo più tardi sul territorio, prendendo spunto proprio dalle alici.

Il momento fondamentale: il Concilio di Trento

È nel ‘500 che tutto ha una svolta. Nel momento della Controriforma, la risposta cattolica al protestantesimo, si assiste a un ritorno molto rigoroso ai costumi tradizionali religiosi.

Nel 1545 inizia il Concilio di Trento, il consesso religioso in cui la cristianità cattolica si riunisce per discutere del futuro della Chiesa. Fra i diversi punti toccati, arriva il momento delle abitudini alimentari. Nei decenni precedenti si erano diffusi banchetti, feste e incontri che spesso finivano in “dissipazione” – quello che oggi chiameremmo spreco. Ciò non poteva più accadere. Si doveva, dunque, tornare a mangiare di magro non solo di venerdì ma sempre e limitare fortemente il consumo di carne, il simbolo della classe ricca della popolazione, così come i suoi derivati come latte e uova. Il risultato? La richiesta di consumare più pesce, a lunga conservazione.

Ma i pesci già diffusi (freschi) non erano sufficienti a sfamare tutta la popolazione dei Paesi a più forte tradizione cattolica, fra cui ovviamente l’Italia. Da qui l’esigenza di importare più pesce conservato come aringhe, stoccafisso e baccalà. È da questo momento che, con una diffusione esponenziale, il baccalà entra nelle cucine e sulle tavole degli italiani diventando un pesce della tradizione.

La diffusione del baccalà nella cucina regionale italiana

In Veneto, ad esempio, si è rapidamente diffuso diventando un famosissimo piatto tipico: il baccalà alla vicentina, uno stufato cotto lentamente con cipolla, latte e parmigiano. Ma attenzione, a dispetto del nome non si tratta di baccalà ma di stoccafisso. Il piatto, infatti, è diffuso anche in altre zone d’Italia – seppur con alcune piccole varianti – ma solo in Veneto prende il nome di baccalà. Lo stoccafisso, infatti, “cugino” del baccalà che utilizza l’essiccazione anziché la salagione, ha una lunga tradizione in questa regione, essendo importato da Pietro Querini per la prima volta, un mercante veneto naufragato nelle isole Lofoten e scopritore di questo prodotto.

La confusione fra i nomi “baccalà” e “stoccafisso” continua spostandosi in Liguria. Sono in molti a pensare i cosiddetti Brandacujun abbiano come l’ingrediente principale il baccalà ma in realtà si tratta di una crema di stoccafisso e patate insaporita con olio d’oliva e aglio. Scendendo verso la Toscana, incontriamo il baccalà alla livornese, una preparazione semplicissima con pomodoro, capperi, olive e prezzemolo, capace di lasciare fresco e genuino il sapore del pesce.

Ma anche nel sud Italia il baccalà è fra i piatti più legati alla tradizione: in questo contesto, non a caso in Calabria, il baccalà viene servito con peperoni piccanti e pomodoro in diverse preparazioni.

E non parliamo della Puglia, dove in alcuni paesi, il baccalà fritto e poi servito con pomodori e olive è il piatto tipico della Vigilia di Natale.

Non abbiamo citato il Natale a caso: spesso il baccalà è visto come un piatto da periodi freddi, tipico dell’inverno e delle preparazioni decembrine. Per certi versi, per motivi di distribuzione – fra la fine di agosto e gli inizi di settembre le importazioni si fanno più intense e il baccalà arriva massivamente nel nostro Paese.

Ma proprio negli ultimi tempi il baccalà sta trovando uno spazio sempre più ampio anche in preparazioni in altri periodi dell’anno. Pensate all’insalata di orzo, riso, farro e baccalà o ancora alla cheesecake di baccalà, piatti tipici del periodo estivo.

Il baccalà, insomma, non solo è un pesce sostenibile ma anche flessibile, capace di passare fra le stagioni e anche fra i diversi gusti, dai più semplici ai più gourmet.

Insomma, la storia e la diffusione del baccalà in Italia ci dimostrano alcune cose da tenere sempre bene a mente:

  • Il nostro Paese è da sempre capace di recepire le influenze del mondo e di rielaborarle al meglio per farle entrare nella nostra tradizione, antichissima, anche culinaria
  • Il baccalà, come tutti i prodotti culinari, è versatile, può essere servito in ogni tipologia di pasto, dal più raffinato al più “povero”
  • Non è solo buono: la scelta di consumare baccalà consente anche di salvaguardare la biodiversità e la salute del mare e delle sue creature

Non è un semplice pesce, in qualche modo il baccalà, anche ma non solo nel nostro Paese, è soprattutto una scelta responsabile e sostenibile.

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